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Ovidio


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autore
brano
 
Apuleio
Della magia, 21
 
originale
 
[21] sed finge haec aliter esse ac me ideo pauperem, quia mihi fortuna diuitias inuidit easque, ut ferme euenit, aut tutor imminuit aut inimicus eripuit aut pater non reliquit: hocine homini opprobrari, pauperiem, quod nulli ex animalibus uitio datur, non aquilae, non tauro, non leoni? equus si uirtutibus suis polleat, ut sit aequabilis uector et cursor pernix, nemo ei penuriam pabuli exprobrat: tu mihi uitio dabis non facti uel dicti alicuius prauitatem, sed quod uiuo gracili lare, quod paucioris habeo, parcius pasco, leuius uestio, minus obsono? atqui ego contra, quantulacumque tibi haec uidentur, multa etiam et nimia arbitror et cupio ad pauciora me coercere, tanto beatior futurus quanto collectior. namque animi ita ut corporis sanitas expedita, imbecillitas laciniosa est, certumque signum est infirmitatis pluribus indigere. prorsus ad uiuendum uelut ad natandum is melior, qui onere liberior; sunt enim similiter etiam in ista uitae humanae tempestate[s] leuia sustentui, grauia demersui. equidem didici ea re praecedere maxime deos hominibus, quod nulla re ad usum sui indigeant, igitur ex nobis cui quam minimis opus sit, eum esse deo similiorem.
 
traduzione
 
Ma supponi che la cosa stia altrimenti e che io sia povero perch? la fortuna mi ha invidiato le ricchezze, ed esse, come di solito avviene, mi ha accorciate un tutore o mi ha strappate un nemico, o non mi ha lasciate mio padre. Per questa ragione dovrai rinfacciare a un uomo quello che non si rimprovera a nessun animale, non all'aquila, n? al toro n? al leone? Se un cavallo ha tutte le migliori qualit?: uguale andatura, corso veloce, nessuno gli rimprovera la scarsezza del nutrimento; e tu mi attribuirai a colpa non la bassezza di qualche parola o azione, ma la modestia della casa, la pochezza dei servi, la troppa parsimonia degli alimenti, la semplicit? dei vestiti, la frugalit? della tavola? Eppure, comunque ti sembrino misere queste mie condizioni, io stimo al contrario di avere assai, di aver troppo, e vorrei contenermi ancora di pi? e godere la maggiore felicit? nelle maggiori strettezze. Giacch? dell'animo come del corpo la sanit? non vuole impedimenti; la debolezza ? piena di impicci ed ? segno infallibile di infermit? aver bisogno di tante cose. La vita ? come il mare: nuota meglio chi ? leggero, ed anche nella tempesta della umana esistenza, il poco peso regge, il troppo affonda. Ho appreso che appunto in questo consiste la superiorit? degli d?i sugli uomini, nel non aver bisogno di nessuna cosa per la propria esistenza; fra noi, dunque, chi si contenta del minimo, quegli ? pi? vicino agli d?i.
 

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